D’IMPROVVISO Flash emozionali arruffati e spettinati in ordine sparso
Di Phyllis Margaret Dyason
Nota a cura di Anna Montella
Se è vero, come dicono alcuni, che nel nome sia scritto il destino di ciascuno, allora in quello di Phyllis Margaret Dyason, dall’innegabile effetto scenografico, ci sarà scritto che debba spiccare sulla copertina di uno o più libri come in effetti sta avvenendo da qualche anno a questa parte.
L’autrice infatti, con D’IMPROVVISO Flash emozionali arruffati e spettinati in ordine sparso, è al suo terzo libro. Un lavoro che si distacca decisamente dai due precedenti per incipit e prosieguo ma che, al pari degli altri due, cattura l’attenzione del lettore fino all’ultima sillaba. Una scrittura, quella dell’autrice, che evidenzia una profonda e sedimentata cultura e amor per “il bello scrivere”.
In questo nuovo lavoro le pagine di un diario che raccontano “una lunga intensa vita tessendone la trama dalle origini anglo partenopee alla politica, dalla famiglia all'esperienza di piccolo imprenditore, dalla ricchezza alla quasi povertà, dalla serietà di intenti nel socio - politico al campo ludico”. Pagine che si offrono al lettore con la freschezza di una emozione adolescenziale, tra il disincanto della donna matura e la caparbia fiducia nel nuovo giorno, sullo sfondo delle Apuane che “stanno a guardare” come le stelle fulgide e malinconiche di un romanzo di Cronin.
Una lettera che forse l’autrice scrive a se stessa e all’Universo tutto, in una sorta di messaggio in bottiglia affidato alle onde del mare della vita. Una missiva che fa ripensare a quello splendido romanzo di Nicholas Sparks “Le parole che non ti ho detto”.
E di parole non dette forse Phyllis Margaret Dyason ne ha ancora tante racchiuse nelle tasche del suo cappotto color solitudine. Una solitudine certamente apprezzata ed amata ma che non è frutto di una scelta bensì una imposizione, un obbligo, forse un debito karmico contratto in un’altra esistenza. Chissà… Poesie, fiabe, scorci di vita vissuta come finestre che si aprono e si chiudono su cieli azzurrissimi o giornate senza sole. Momenti autoconclusivi, “flash emozionali” che cercano, scavano, propongono soluzioni, le scartano, le riafferrano “spettinate, arruffate e in ordine sparso” nel tentativo, forse, di giungere ad una improbabile quadratura del cerchio anche se… il cerchio si chiude sempre, prima o poi, al di là della impossibile quadratura.
E mentre i ricordi olfattivi si insinuano nelle pieghe di una domenica qualunque “come una domenica quando era domenica”, prima che la nostalgia e il rimpianto distruggano ciò che resta di un giorno che non ha ricordi, progetti, desideri un pensiero… “D’improvviso”…
“Oggi, forse, che splenda il sole o piova, mi spoglio di me e divento un'altra.”
Il leone dentro di me ha ruggito! Nam myoho renge kyo...
Di Phyllis Margaret Dyason
Nota a cura di Anna Montella
Se è vero, come dicono alcuni, che nel nome sia scritto il destino di ciascuno, allora in quello di Phyllis Margaret Dyason, dall’innegabile effetto scenografico, ci sarà scritto che debba spiccare sulla copertina di uno o più libri come in effetti sta avvenendo da qualche anno a questa parte.
L’autrice infatti, con D’IMPROVVISO Flash emozionali arruffati e spettinati in ordine sparso, è al suo terzo libro. Un lavoro che si distacca decisamente dai due precedenti per incipit e prosieguo ma che, al pari degli altri due, cattura l’attenzione del lettore fino all’ultima sillaba. Una scrittura, quella dell’autrice, che evidenzia una profonda e sedimentata cultura e amor per “il bello scrivere”.
In questo nuovo lavoro le pagine di un diario che raccontano “una lunga intensa vita tessendone la trama dalle origini anglo partenopee alla politica, dalla famiglia all'esperienza di piccolo imprenditore, dalla ricchezza alla quasi povertà, dalla serietà di intenti nel socio - politico al campo ludico”. Pagine che si offrono al lettore con la freschezza di una emozione adolescenziale, tra il disincanto della donna matura e la caparbia fiducia nel nuovo giorno, sullo sfondo delle Apuane che “stanno a guardare” come le stelle fulgide e malinconiche di un romanzo di Cronin.
Una lettera che forse l’autrice scrive a se stessa e all’Universo tutto, in una sorta di messaggio in bottiglia affidato alle onde del mare della vita. Una missiva che fa ripensare a quello splendido romanzo di Nicholas Sparks “Le parole che non ti ho detto”.
E di parole non dette forse Phyllis Margaret Dyason ne ha ancora tante racchiuse nelle tasche del suo cappotto color solitudine. Una solitudine certamente apprezzata ed amata ma che non è frutto di una scelta bensì una imposizione, un obbligo, forse un debito karmico contratto in un’altra esistenza. Chissà… Poesie, fiabe, scorci di vita vissuta come finestre che si aprono e si chiudono su cieli azzurrissimi o giornate senza sole. Momenti autoconclusivi, “flash emozionali” che cercano, scavano, propongono soluzioni, le scartano, le riafferrano “spettinate, arruffate e in ordine sparso” nel tentativo, forse, di giungere ad una improbabile quadratura del cerchio anche se… il cerchio si chiude sempre, prima o poi, al di là della impossibile quadratura.
E mentre i ricordi olfattivi si insinuano nelle pieghe di una domenica qualunque “come una domenica quando era domenica”, prima che la nostalgia e il rimpianto distruggano ciò che resta di un giorno che non ha ricordi, progetti, desideri un pensiero… “D’improvviso”…
“Oggi, forse, che splenda il sole o piova, mi spoglio di me e divento un'altra.”
Il leone dentro di me ha ruggito! Nam myoho renge kyo...